dalla GUARDIA DI FINANZA
PINEROLO – La Corte di Appello di Torino ha confermato la confisca dei beni riconducibili ad un noto commerciante di autoveicoli pinerolese, disposta dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Torino la scorsa estate.
Il provvedimento, eseguito dal Finanzieri del Gruppo Orbassano, ha interessato beni e valori per oltre 2 milioni di euro, tutti riconducibili all’imprenditore di Pinerolo: si tratta di un’abitazione di lusso nel centro cittadino di Pinerolo, diversi locali commerciali anch’essi in pieno centro, tre conti correnti di cui uno all’estero, quote societarie e capitale sociale di due società di cui una all’estero, una cassetta di sicurezza, 54 autovetture di grossa cilindrata e tre orologi Rolex.
Gli investigatori avevano dimostrato una stridente sproporzione tra i modesti redditi dichiarati ed il suo alto tenore di vita, sproporzione che non poteva che essere giustificata da cospicui introiti di provenienza illecita, in considerazione che su di lui pendevano una sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta e vari procedimenti penali per reati tributari e fallimentari in relazione a ben tre aziende, susseguitesi nel tempo nella gestione di un salone di auto di lusso.
Nel frattempo il novero dei reati attribuiti al commerciante d’auto si è ulteriormente allargato. Di recente infatti ha ricevuto un avviso di conclusione delle indagini per i reati di auto-riciclaggio, usura e sfruttamento della prostituzione.
Le attività investigative dei Finanzieri, coordinate dal Procuratore Aggiunto Cesare Parodi, hanno dimostrato che i proventi illeciti generati dall’evasione fiscale e dalle bancarotte fraudolente, venivano sistematicamente reimpiegati in nuove attività economiche e finanziarie, anche all’estero, per “lavare” il denaro illecitamente accumulato.
Sono anche emersi elementi che provano la concessione di prestiti a strozzo ad un professionista, ad un imprenditore edile e a un piccolo commerciante di autoveicoli, che versavano in precarie condizioni economico-finanziarie; i tassi praticati oscillavano dal 130% al 430% mensili.
Nei suoi confronti è anche spuntato il favoreggiamento della prostituzione; infatti l’ecclettico imprenditore avrebbe dato in affitto una camera di un noto albergo pinerolese come casa d’appuntamenti, adoperandosi a fornire asciugamani e lenzuola destinati allo svolgimento dell’attività.
La particolare dedizione del commerciante a reiterare nel tempo condotte criminose, ha determinato la Corte di Appello torinese a rigettare il ricorso degli avvocati, non solo avverso alla confisca dei beni, ma anche alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, che rimane anch’essa pienamente in vigore; l’Alta Corte ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
I patrimoni confiscati saranno ora gestiti dall’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati che ne curerà la destinazione e il riutilizzo a fini sociali.