VAL CHISONE, 16 AGNELLINI SBRANATI DAI LUPI: “LA PROVA DEL DNA”

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Fotografia dal sito dell’Ente Parco Alpi Cozie

di SIMONE BOBBIO / PROGETTO LIFE WOLFALPS (comunicazione pubblicata dall’ente parco Alpi Cozie)

USSEAUX – Sembra un cold case delle serie poliziesche americane, uno di quei delitti insoluti in cui il colpevole viene incastrato soltanto dopo indagini lunghe e approfondite, comprensive di analisi genetiche, che aggiungono nuovi inediti elementi al quadro probatorio. È quanto emerge dall’esame del DNA effettuato sugli agnellini predati nella notte tra il 31 luglio e il 1 agosto scorso all’Alpe Assietta, nel territorio del Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand, che ha ribaltato l’esito delle prime indagini accertando come le tracce di saliva rilevate sui segni di morsicatura appartengono effettivamente al lupo e non al cane o alla volpe come si era inizialmente ipotizzato. Ma procediamo con ordine per dipanare il giallo.

Sabato 1 agosto 2020. Lo scenario che si presenta al personale delle Aree Protette delle Alpi Cozie, avvertiti dell’accaduto direttamente dal pastore all’alba, appare particolarmente insolito: 16 agnelli predati all’interno di un gregge che comprende anche capi adulti e che viene custodito correttamente all’interno di un recinto elettrificato con un cane da guardiania di razza maremmana. Nel corso del primo rilievo sull’area, però, appare una falla nella cinta, in prossimità di un avvallamento che lascia un varco di circa 50 centimetri al di sotto del filo elettrico. I colpevoli sono certamente passati da lì.

Seguono le analisi sugli animali uccisi da parte del veterinario ASL che, prima di raccogliere i campioni di saliva dalle carcasse, osserva come le tracce dei denti lasciate sulle prede siano troppo ravvicinate per attribuire l’evento al lupo. Oltretutto, quando il lupo attacca un gregge, difficilmente distingue tra capi adulti e agnelli, predando indistintamente e consumando in loco il pasto. Nulla di tutto ciò è accaduto in questo caso.

Nel prosieguo della giornata, i guardiaparco presenti osservano due cani neri che si aggirano liberi per la montagna e che denotano un comportamento piuttosto selvatico non lasciandosi avvicinare. Dai primi indizi, il lupo risulta quindi scagionato, mentre i sospetti si concentrano sui cani.

Durante la notte successiva, un primo colpo di scena. La fototrappola installata da prassi e puntata sulla falla nel recinto registra il passaggio della volpe che entra per consumare la carcassa di uno degli agnellini, appositamente lasciata in loco come esca. D’altronde le tracce dei denti rilevate dal veterinario sono compatibili con un predatore più piccolo. Non è la prova in grado di muovere un’accusa definitiva, ma certamente lo scatto fornisce un indizio decisivo che, tra l’altro, scagiona i cani neri.

Il caso sembra risolto. Nel loro lavoro di presidio del territorio, i guardiaparco proseguono ugualmente le indagini sui cani vaganti e individuano il proprietario, un pastore della zona, a cui erano temporaneamente scappati e che se la cava con un richiamo verbale.
Di pochi giorni fa, l’ultimo colpo di scena, quello definitivo. L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta rende noti i risultati sui tamponi con le tracce di saliva prelevate dalle ferite sugli agnellini: il DNA presente appartiene alla specie canis lupus lupus. È la prova schiacciante che incastra il lupo e certifica l’innocenza della principale accusata, cioè la volpe.

In conclusione, per stilare un capo d’accusa che metta insieme tutte le prove raccolte, si può affermare che la predazione è stata opera di lupi giovani, presumibilmente cuccioli, entrati nel recinto dall’avvallamento. Questo spiega le tracce dei denti riconducibili ad animali di piccola taglia e il fatto che i predatori si siano concentrati esclusivamente sugli agnelli. Rimane un ultimo elemento da chiarire: perché non è intervenuto il cane da guardiania? Probabilmente si è semplicemente assentato dal lavoro uscendo dal recinto prima dell’attacco, attraverso lo stesso avvallamento utilizzato dai lupacchiotti per entrare.

Difficile immaginare un comportamento così negligente da parte di un pastore maremmano altrimenti sempre molto zelante. Bisogna però considerare che la sua compagna, nel lavoro e nella vita, il giorno prima aveva partorito una bella cucciolata e si trovava al calduccio nella stalla ad accudire i piccoli. Lui, lasciato solo con le pecore in una notte apparentemente tranquilla, avrà pensato di accettare l’invito dei due cani vaganti e sarà uscito a festeggiare. La classica cattiva compagnia.

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