dalla CITTÀ METROPOLITANA DI TORINO
TORINO – L’emergenza dettata dal Coronavirus, con le sue ricadute sanitarie ed economiche, rivela con il trascorrere dei giorni una serie di aspetti problematici anche dal punto di vista delle discriminazioni.
In particolare, il caso si è presentato con la consegna dei cosiddetti “buoni spesa” o fondi di solidarietà alimentare: l’ordinanza della Protezione Civile n. 658 stabilisce che i fondi di solidarietà alimentare “hanno l’obiettivo di fornire sostentamento alle esigenze primarie di persone in particolare bisogno e che devono essere indirizzati ai nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza da Covid-19, stabilendo che tra quelli in stato di bisogno occorrerà dare priorità ai nuclei che non beneficiano di altre forme di sostegno pubblico (RdC, Rei, Naspi, indennità di mobilità, cassa integrazione guadagni, altre forme di sostegno previste a livello locale o regionale)”.
I Comuni e quindi i sindaci si sono così ritrovati alle prese con la possibilità di individuare i criteri di accesso al fondo e in tutto il nostro Paese si sono registrate situazioni molto diverse tra loro.
A livello nazionale, l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) ha pubblicato delle linee guida specifiche, precisando come sia necessario estendere i buoni pasto a tutti i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti e a quanti, privi di titolo di soggiorno, siano costretti temporaneamente sul territorio a causa del blocco della mobilità imposto dall’emergenza. Ha segnalato come il criterio della residenza risulti discriminatorio per tutti i cittadini senza fissa dimora, qualunque sia la loro cittadinanza, al punto che vengono così esclusi proprio i soggetti più vulnerabili.
Sul nostro territorio, il nodo metropolitano per il contrasto alle discriminazioni di UNAR che ha sede nella Città metropolitana di Torino, in collaborazione con ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) e IRES Piemonte, ha verificato la presenza di criteri discriminatori nei bandi comunali per l’accesso ai buoni spesa emergenza: sono stati analizzati i bandi di 198 Comuni del nostro territorio metropolitano, quelli con popolazione residente superiore a mille abitanti.
L’indagine ha evidenziato luci ed ombre: la maggior parte dei Comuni del territorio metropolitano ha chiesto come criterio di accesso alla misura il possesso della residenza, escludendo in questo modo tutti i gruppi sociali più esposti a rischio di povertà quali: persone senza dimora, stranieri rom e sinti.
Si sono invece segnalati quindici Comuni che hanno scelto di estendere l’accesso alla misura a tutta la cittadinanza domiciliata nel territorio comunale
In particolare di questi quindici Comuni, cinque hanno ancorato l’azione all’emergenza covid19 , mentre altri dieci Comuni hanno precisato nel bando che la misura è rivolta ed estesa a tutti: Airasca, Almese, Buriasco, None, Perosa Argentina, Pomaretto, Porte, Scalenghe, Villar Pellice e Villar Perosa.
Il commento del vicesindaco di Città Metropolitana di Torino Marco Marocco: “In un momento così drammatico, questi sindaci hanno lavorato per non lasciare indietro nessuno con un’azione coraggiosa ed inclusiva, un vero esempio di solidarietà”.